Venceslao, Torino, Gattinara, 1721

 ATTO SECONDO
 
 Reggio cortile con steccato e luogo eminente per Vincislao.
 
 SCENA PRIMA
 
 ERNANDO, poi ERENICE
 
 ERNANDO
 Non molto andrà che di Erenice in seno
 godrà l’amico. Io ’l nodo
 strinsi, affrettai; cor ebbi a farlo e ’l lodo.
 ERENICE
 Ernando, a cercar vengo
390nel piacer de’ tuoi lumi
 una parte del mio.
 Io più volte riposi
 il mio cor nel tuo seno. Io vel lasciai,
 perché quel di Alessandro in lui trovai.
 ERNANDO
395Ripigliati, Erenice,
 ripigliati il tuo core.
 Ei mal soggiorna in compagnia del mio;
 e per solo conforto
 lasciami nel partir l’ultimo addio.
 ERENICE
400Che? Un ingiusto divieto
 tanto rispetti? E tanto
 temi ne la mia vista
 d’irritar Casimiro?
 ERNANDO
 Altro temo, Erenice; altro sospiro.
 ERENICE
405Che mai?
 ERNANDO
                     Già nel mio core
 son reo. Lascia che almeno
 nel tuo viva innocente.
 ERENICE
 Ancor ten priego. Aprimi il cor, favella.
 ERNANDO
 Sia l’ubbidirti, o bella,
410gran parte di discolpa al mio delitto.
 Parli il labbro e ’l confessi,
 se pur a te sinora
 non disser gli occhi miei che il cor ti adora.
 ERENICE
 Tu scherzi o sì amoroso
415a favor di Alessandro ancor mi parli.
 ERNANDO
 Chi può mirar quegli occhi e non amarli?
 Ti amai dal primo istante in cui ti vidi;
 tel dissi ne l’estremo in cui ti perdo,
 in quell’estremo appunto
420quando al tuo cor nulla più manca e quando
 tutto, tutto dispera il cor di Ernando.
 ERENICE
 Dov’è virtù, dove amistade in terra,
 se la tradisce Ernando?
 Mi attendevi tu sposa
425per più offender l’amico?
 Per più macchiar?... Ma dove,
 dove il furor mi spinge e mi trasporta?
 Non è capace Ernando
 di tal viltà. Dar fede
430deggio, più che al suo labbro, al suo gran core.
 Fuorché di gloria, egli non sente amore.
 ERNANDO
 Non sento amor? T’amo, Erenice, io t’amo
 ma da amico e da forte.
 Senza desio, senza speranza io t’amo...
 ERENICE
435E m’ami, alfin vuoi dirmi,
 ma col cor di Alessandro, il mio tesoro.
 ERNANDO
 Sì sì, t’amo col suo, col mio ti adoro.
 ERENICE
 Vorresti ancor farmi adirar ma invano.
 ERNANDO
 Temono i rei la loro colpa. Io solo
440temo la mia innocenza.
 Voglio esser reo né posso.
 Deh più credi, Erenice,
 se ’l nieghi alle mie voci, al tuo sembiante.
 ERENICE
 Vanne, ti credo amico e non amante.
 ERNANDO
 
445   Parto amante e parto amico,
 che non nuoce amor pudico
 a la fede, a l’amistà.
 
    Se nol credi o te ne offendi,
 poco intendi
450la fortezza di quest’alma,
 il poter di tua beltà.
 
 SCENA II
 
 ERENICE, poi CASIMIRO
 
 CASIMIRO
 Felice incontro. Arresta,
 bella Erenice, il piede.
 Quel che ti vedi inante
455non è più Casimiro,
 quell’importuno e quel lascivo amante.
 Egli è ’l prence, l’erede
 del polonico scettro,
 or tuo amante pudico e che destina
460te al suo regno e al suo amor moglie e regina.
 ERENICE
 Come? Tu, Casimiro, erede e prence
 del polonico scetro,
 chiedi in moglie Erenice, il vile oggetto
 de l’impuro tuo affetto?
 CASIMIRO
465Sì, principessa. A quella fiamma, ond’arsi,
 purgai quanto d’impuro avea ne l’alma.
 ERENICE
 Vane lusinghe. Io veggio
 ancora in te quell’amator lascivo,
 de l’onor mio nemico,
470non per virtù ma per furor pudico.
 CASIMIRO
 S’errai, fu giovanezza e non disprezzo.
 ERENICE
 E s’io t’odio, è ragione e non vendetta.
 CASIMIRO
 Cancella un pentimento ogni gran colpa.
 ERENICE
 Macchia di onor non mai si terge e spesso
475insidia è il pentimento.
 CASIMIRO
 Sarai mia sposa.
 ERENICE
                                 Io, Casimiro?
 CASIMIRO
                                                            E meco
 tu regnerai felice.
 ERENICE
 Non troverai Lucinda in Erenice.
 
    Non credo a quel core
480che sempre ingannò.
 
    Ad altro sembiante
 rivolgi il tuo amore.
 D’un facile amante
 fidarmi non so.
 
 SCENA III
 
 CASIMIRO, poi servo che li dà un viglietto
 
 CASIMIRO
485Mie deluse speranze,
 non andrete impunite
 d’un tal rifiuto. Un foglio? (Il servo glielo porge)
 Leggiam che arreca. (Il prence legge)
 «Ne la notte vicina
490stringerà il tuo rival sposa Erenice...»
 Oh ciel! Che leggo? Ah stelle!
 E ciò fia ver? Sì, troppo
 vero sarà. Chi lo soscrive? Ismene. (Leggendo)
 Errar costei non può. Tutto l’ingrata
495apre ad essa il suo cor. Ah cruda! È tempo,
 è tempo, sì, di vendicarsi. Iniqua!
 Sì, nel rival superbo
 ti punirò. Troppo sforzai lo sdegno
 e l’amor rispettai. Morrà l’indegno.
 
 SCENA IV
 
 LUCINDA con seguito e CASIMIRO profondamente pensoso
 
 LUCINDA
500Sommi dei, menti eterne,
 dall’infedel mio sposo
 sì spergiurati, in questa
 fatal temuta arena
 finite la mia vita o la mia pena.
 
 SCENA V
 
 VENCESLAO, LUCINDA e CASIMIRO sempre pensoso
 
 VENCESLAO
505Impazienza e sdegno
 ben qui ti trasse frettoloso.
 LUCINDA
                                                   Sono
 anche i più brevi indugi,
 a chi cerca vendetta, ore di pena.
 VENCESLAO
 Stranier, cadente è il sole; e meglio fora
510sospender l’ire al dì venturo e l’armi.
 LUCINDA
 Tanto rimane, o sire,
 di giorno ancor che ne avrà fin la pugna.
 Giudice e re tu stesso
 l’ora assegnasti e ’l campo. Ed or paventi?
 VENCESLAO
515Pugnisi pur. Non entran nel mio core
 deboli affetti e n’è viltà sbandita;
 e se ora temo, temo (Casimiro si scuote)
 l’innocenza del figlio e non la vita.
 CASIMIRO
 E vita ed innocenza (Alterato)
520affidata al mio braccio è già sicura.
 LUCINDA
 Impotente è l’ardire in alma impura.
 O tu, che ancor non veggio
 qual ti deggia chiamar, nemico o amico,
 possibil fia che espor tu voglia al fiero
525sanguinoso cimento e fama e vita?
 E ingiusto sosterrai la tua mentita?
 Dimmi, di’, Casimiro,
 tu non vergasti il foglio? Ignoto il volto
 t’è di Lucinda e ’l nome?
530Fede non le giurasti? (Casimiro sta pensoso né la guarda)
 Sposa non l’abbracciasti? E dir tu ’l puoi?
 Tu sostener? Scuotiti alfin. Ritorni
 la perduta ragion. Già per mia bocca
 l’amorosa Lucinda ora ti dice:
535«O parte di quest’alma, (Se li accosta)
 torna, torna fedele ad abbracciarmi.
 Sposo amato, deh vieni...»
 CASIMIRO
 
                                                   All’armi, all’armi. (Ponendo mano alla spada e rispingendola con impeto)
 LUCINDA
 Perfido, traditore,
 sprezzi così ’l mio amore
540e brami piaghe? Ingrato? E vuoi svenarmi?
 Né ’l rimorso tu senti?
 CASIMIRO
                                            All’armi, all’armi. (Ponendosi in guardia)
 LUCINDA
 Dunque all’armi, spergiuro. (Ponendo mano a la spada)
 Sieguasi il tuo furor.
 CASIMIRO
                                        Sei tu quel forte
 campion che a darmi morte
545sin dal ciel lituan teco traesti?
 LUCINDA
 Io quegli sono; e meco
 ho la ragion de l’armi,
 meco i numi traditi,
 l’onestà vilipesa, i tuoi spergiuri.
550Su, strigni il ferro; e temi
 le piaghe che ricevi
 ma più quelle che fai. Più del tuo sangue
 temi il mio sangue e sia
 il tuo rischio maggior la morte mia.
555Ma che dissi mia morte?
 La tua, la tua vogl’io. Perfido, a l’armi.
 Ben saprà questo acciaro
 a quel core infedel farsi la strada.
 CASIMIRO
 (Io volgerò contro costei la spada?) (In atto di partire è trattenuto da Lucinda)
 LUCINDA
560No no. Da questo campo ad armi asciutte
 non uscirem.
 CASIMIRO
                           (Corre a l’occaso il sole
 e in braccio ad Erenice Ernando è atteso).
 LUCINDA
 Che fai? Che miri? Omai
 o ti diffendi o ti traffiggo inerme.
 CASIMIRO
565Pugnisi al nuovo giorno.
 LUCINDA
 No no, pugna or volesti e pugna or voglio.
 Tu dei cadervi od io.
 CASIMIRO
 (Tolgasi questo inciampo a l’amor mio). (Siegue l’abbattimento; Casimiro gitta con un colpo di mano a Lucinda la spada)
 Se’ vinto ed è il tuo torto
570chiaro agli occhi del padre, a quei del mondo.
 LUCINDA
 Hai vinto, o vile. Aggiugni a la tua gloria
 l’aver vibrato in sen di donna il ferro,
 l’averla vinta. Resta
 la morte sua. Che fai?
 CASIMIRO
575Tu donna?
 LUCINDA
                       E ancor t’infingi? Or via, mi svena.
 Questo de’ tuoi delitti
 sarà ’l minor, l’aver Lucinda uccisa
 dopo averla tradita;
 e sia poca fierezza,
580dopo tolto l’onor, torle la vita.
 VENCESLAO
 Che sento? Ella è Lucinda? (Il re si leva dal suo posto e si affretta a scendere a basso)
 CASIMIRO
 Padre, già ’l dissi, un mentitore è desso.
 Mentì già ’l grado ed or mentisce il sesso.
 Questa non è Lucinda. In tali spoglie
585non si ascondon regine.
 Non se’ Lucinda, no. Confuso e vinto,
 pien di scorni e di duolo
 rimanti. (Il padre viene e a lui m’involo).
 
 SCENA VI
 
 VENCESLAO e LUCINDA
 
 VENCESLAO
 (Fugge la mia presenza
590il colpevole figlio).
 Col tacermi il tuo grado e la tua sorte
 mi offendesti, regina.
 LUCINDA
 A che scoprirla, o sire,
 quando dovrei sino a me stessa ignota,
595nel più profondo orrore,
 seppellir la mia pena e ’l mio rossore?
 VENCESLAO
 Il poter di monarca,
 l’autorità di padre
 sul cor del figlio a tuo favore impegno.
600Ne la ragion confida,
 ne l’amor nostro e rasserena il ciglio.
 Sarà tuo sposo o non sarà mio figlio.
 
    La regia fede impegno
 ed il più forte sdegno
605di offesa maestà.
 
    Che se ti fu crudele,
 farò che più fedele
 ritorni a tua beltà.
 
 SCENA VII
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
 Lusinghiamoci ancora
610né disperiam, teneri affetti. L’alma
 del tuo piacer riempi,
 speranza adulatrice,
 e vieni il dolor mio
 di letargo a cuoprir, se non d’obblio.
 
615   Più fedele e più amoroso
 il mio sposo abbraccerò.
 
    Ei dirà: «Mia cara vita,
 ti ho tradita e ti amerò».
 
 SCENA VIII
 
 Stanze di Casimiro con alcova e gabinetti illuminati di notte. Tavolino da una parte.
 
 VENCESLAO aggitato in abito di camera, poi CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 Chiamisi Ernando. Oh numi!
620Quai fantasmi, quai larve
 turbano i miei riposi? Orribil vista!
 Sognai nel sangue intrisi
 Casimiro ed Ernando.
 Nel sogno innoridii; mi desto e teme
625qualche lor rischio il core anche vegliando.
 Qui non v’è Casimiro. Oh figlio, e dove,
 dove sei? Forse il fianco
 consegnasti a le piume? Il guardo, il passo
 ivi portiamo.
 
 SCENA IX
 
 CASIMIRO e VENCESLAO che va ad alzare la cortina dell’alcova
 
 CASIMIRO
                           Alfine
630vendicati noi siam. Per questa mano
 la vittima cadé; ma donde nasce
 che non hai pace ancor, misero core?
 E d’essa invece hai sol tema ed orrore?
 VENCESLAO
 Sparrite omai... Figlio. (Ritornando indietro resta sorpreso dal veder Casimiro)
 CASIMIRO
                                             Signor... (Oh stelle!)
 VENCESLAO
635Che acciaro è quel? Che sangue
 ne stilla ancor? Qual colpo
 mediti? E qual facesti?
 Che orror, che turbamento
 ti sparge il volto?
 CASIMIRO
                                  (Ahi! Che dirò?)
 VENCESLAO
                                                                   Rispondi.
 CASIMIRO
640Signor...
 VENCESLAO
                   Parla.
 CASIMIRO
                                Poc’anzi...
 andai... Venni... L’amore...
 Lo sdegno... Una ne l’altra
 mancan le voci. Attonito rispondo;
 nulla, o padre, dir posso e mi confondo.
 VENCESLAO
645Gran timido è un gran reo.
 Errasti, o figlio, e gravemente errasti.
 Ragion mi rendi ah! di quel sangue.
 CASIMIRO
                                                                    Questo...
 Prepara pur contro il mio sen, prepara
 le più atroci vendette,
650questo (il dirò) del mio rivale è sangue;
 sangue è di Ernando.
 Ernando è morto.
 VENCESLAO
                                   O dei!
 CASIMIRO
                                                 Ed io,
 io ne fui l’omicida.
 VENCESLAO
 Perfido, Ernando è morto?
 CASIMIRO
                                                   E ragion n’ebbi.
 VENCESLAO
655Di svenarmi in quel core
 ragione avesti? Barbaro, spietato,
 tu pur morrai. Vendicherò...
 
 SCENA X
 
 ERNANDO e li sudetti
 
 ERNANDO
                                                      A’ tuoi cenni (Venceslao gli va incontro e lo abbraccia)
 qui pronto...
 VENCESLAO
                          Ernando vive? Ernando amico.
 CASIMIRO
 (Vive il rival? Voi m’ingannate, o lumi!
660O tu man mi tradisti?)
 VENCESLAO
 Ma nol dicesti, o figlio,
 poc’anzi estinto?
 CASIMIRO
                                  Io son confuso.
 VENCESLAO
                                                               Ah duce,
 io moria per dolor de la tua morte.
 ERNANDO
 Io morto? Ho vita, ho spirto
665ma per versarlo in tuo servigio, o sire.
 Così Ernando, così dee sol morire.
 VENCESLAO
 So la tua fede.
 CASIMIRO
                             (O ferro!
 In qual seno t’immersi?
 Qual misero svenai! Cieli perversi!)
 
 SCENA XI
 
 ERENICE e li sudetti
 
 ERENICE
670Signor, che il tuo potere (A’ piedi di Venceslao)
 fra giustizia e pietà libri egualmente,
 difensor de le leggi,
 scudo dell’innocenza,
 giusto re, giusto padre, ecco a’ tuoi piedi,
675principessa dolente,
 chiedo la mia vendetta,
 chiedo la tua. Lagrime chiedo e sangue.
 Ti vuo’ giudice e padre. Ah! Rendi al mondo
 a pro del giusto ed a terror dell’empio
680di virtù, di fortezza un raro esempio.
 VENCESLAO
 Sorgi, Erenice; e la vendetta attendi
 che ’l tuo dolor mi chiede.
 ERENICE
 Qual io sia, ben ti è noto. (Si leva)
 VENCESLAO
                                                 A’ tuoi grand’avi
 quel diadema ch’io cingo ornò le tempia.
 ERENICE
685Senza offenderti, o sire,
 amar potea l’un de’ tuoi figli?
 VENCESLAO
                                                        Amore
 non è mai colpa, ove l’oggetto è pari.
 ERENICE
 Del pari ambi i tuoi figli
 per me avvampar. Ma ’l foco
690fu senso in Casimiro,
 fu virtù in Alessandro.
 Piacque il pudico amante, odiai l’impuro.
 Amor che strinse i cori
 strinse le destre; e fu segreto il nodo
695per tema del rival, non per tua offesa.
 CASIMIRO
 (Mio rivale il germano?)
 ERENICE
 Io questa notte i primi
 maritali suoi baci
 coglier dovea; l’ora vicina e d’ombre
700sparso era il ciel, quand’egli
 ne’ tetti miei, su le mie soglie e quasi
 sugli occhi miei trafitto... Aimè... Perdona
 la libertà del pianto... (Piange)
 Freddo, esanime, esangue
705versò da più ferite e l’alma e ’l sangue.
 VENCESLAO
 Come? Morto Alessandro?
 ERNANDO
 Misero prence!
 CASIMIRO
                               (O cieco
 furor, dove m’hai tratto? Io fratricida?)
 ERENICE
 Sì, morto è l’infelice; e tosto ch’io
710ti miri vendicata,
 ti seguirò agli Elisi, ombra adorata. (Smaniosa)
 VENCESLAO
 S’agita al tribunal de la vendetta
 la mia, non la tua causa.
 Erenice, ov’è il reo?
 ERENICE
                                       Quando tu ’l sappia,
715avrai cor da punirlo?
 VENCESLAO
 Sia qual si vuol, pronta è la scure; il capo
 vi perderà. Già data,
 data ho l’inesorabile sentenza.
 Giustizia è l’ira ed il rigor clemenza.
 ERENICE
720Non tel dica Erenice, il cor tel dica,
 tel dica il guardo; hai l’uccisor presente.
 Quell’orror, quel pallore, (Additando Casimiro che sta confuso)
 quegli occhi a terra fisi,
 il silenzio del labro e più di tutto
725quel ferro ancor fumante (Casimiro si lascia cader lo stilo di mano, tutto confuso)
 de la strage fraterna a te già grida
 che un figlio del tuo figlio è l’omicida.
 VENCESLAO
 (Già cedo al nuovo affanno). (Coprendosi gli occhi)
 CASIMIRO
                                                       (O destra! O ferro!)
 ERNANDO
 (Miserabile padre!)
 ERENICE
730Casimiro l’uccise. Ei fece un colpo
 degno di lui. Se nol punisci, o sire,
 avido ancor di sangue
 verrà quello a votar ch’hai ne le vene.
 L’uccisor di un fratello
735esserlo può di un padre.
 Vendetta, o re, vendetta
 di te, di me. Ragion, natura, amore
 la dimanda al tuo core.
 Se re, se padre a me negar la puoi,
740numi del cielo, a voi la chiedo, a voi.
 VENCESLAO
 Parla, le tue discolpe
 giudice attendo.
 CASIMIRO
                                 Il ciel volesse, o sire,
 che del misfatto enorme,
 come ne è ’l cor, fosse innocente il braccio.
745Son reo, son fratricida.
 Non ho discolpe, il mio supplizio è giusto.
 Io stesso mi condanno, io stesso abborro
 questa vita infelice,
 dal mio re condannata e da Erenice.
 VENCESLAO
750Va’, principessa, ed a me lascia il peso
 de la comun vendetta.
 ERENICE
 Destra real, ti bacio
 e ’l misero amor mio da te l’aspetta.
 
    Ricordati che padre
755tu se’ ma tutto amor
 del figlio esangue.
 
    Contenta alor morrò,
 che ’l ferro apporterò
 del barbaro uccisor
760tinto nel sangue.
 
 SCENA XII
 
 VENCESLAO, CASIMIRO ed ERNANDO
 
 VENCESLAO
 Reo convinto, la spada
 deponi, o Casimiro.
 CASIMIRO
 La spada.
 VENCESLAO
                     Sì, la spada.
 CASIMIRO
 Eccola, o re. Già ’l core (Depone la spada sul tavolino)
765dispongo a sofferir mali più atroci.
 ERNANDO
 (Qual raggio a noi volgeste, astri feroci!)
 VENCESLAO
 Gismondo, olà. Ne la vicina torre
 sia custodito il prence.
 Tu colà attendi il tuo destino.
 CASIMIRO
                                                       Offeso
770orché deggio lasciarti,
 già sento in me la sua fierezza.
 VENCESLAO
                                                          Parti.
 CASIMIRO
 
    Parto, o re; non osa il labro
 dirti: «Addio, mio genitor»,
 
    perché troppo il dolce nome
775fa più grave il mio delitto
 e più grande il tuo dolor.
 
 SCENA XIII
 
 VENCESLAO, ERNANDO e poi LUCINDA da donna
 
 VENCESLAO
 Non son più padre, Ernando. Un colpo solo
 mi privò di due figli.
 ERNANDO
 Casimiro ancor vive.
 VENCESLAO
780Chi è vicino a morir, già quasi è morto.
 ERNANDO
 Un padre re può ben salvare il figlio.
 VENCESLAO
 Se ’l danna il re, non può salvarlo il padre.
 ERNANDO
 Dunque il prence condanni?
 VENCESLAO
                                                      Io nol condanno.
 Il sangue del fratel chiede il suo sangue.
 ERNANDO
785È tuo figlio.
 VENCESLAO
                         Ma reo.
 ERNANDO
                                          Natura offendi,
 se vibri il colpo.
 VENCESLAO
                                E se nol vibro, il cielo.
 Morirà Casimiro.
 LUCINDA
                                   (O dio! Purtroppo
 il suo periglio è certo).
 VENCESLAO
 (Lungi, o teneri affetti).
790Tu va’ mio nunzio a lui, digli che forte
 nel dì venturo ei disponga a morte.
 
 SCENA XIV
 
 LUCINDA, VENCESLAO, ERNANDO
 
 LUCINDA
 Nel dì venturo a morte?
 Perdona, o re. Di Casimiro il capo
 è re di Lituania,
795tal lo dichiaro; e come re né dee
 né può d’altro regnante esser soggetto
 al giudizio e a le leggi.
 Rispetta il grado e ’l tuo rigor coreggi.
 VENCESLAO
 Regina, in far la colpa
800re Casimiro ancor non era. Egli era
 mio suddito e mio figlio.
 Tal lo condanno. Il grado, a cui lo inalzi,
 lo trova reo; lo trova
 vittima del suo fallo,
805suddito delle leggi;
 rispetta il giusto e l’amor tuo correggi.
 LUCINDA
 Misero Casimiro.
 Venceslao vive e tu perdesti il padre.
 Più misera Lucinda!
810Muore il tuo sposo e ’l tuo rossor pur vive.
 Questa, o regnante, è questa la tua fede?
 Così mi sposi al figlio?
 Così l’onor mi rendi?
 O dal figlio e dal padre, (Piange)
815o due volte ingannata alma infelice!
 VENCESLAO
 (Della real promessa
 or mi sovvien; ch’ella si adempia è giusto.
 Ma la giustizia offesa? E la mia fede?
 Mora il reo figlio, mora).
 ERNANDO
                                                O dei! Che pensa?
 VENCESLAO
820(Ma s’ei muore, Lucinda
 vivrà disonorata
 per mia cagion?)
 LUCINDA
                                  Spenta è per me pietade?
 VENCESLAO
 Regina, il pianto affrena.
 A l’onor soddisferassi. Ernando.
 ERNANDO
825Sire.
 VENCESLAO
             Dal duro uffizio
 già ti dispenso.
 ERNANDO
                               Io l’ubbidia con pena.
 LUCINDA
 Mio cor, respira.
 VENCESLAO
                                 Or vanne
 al colpevole figlio e fa’ che sciolto
 sia là condotto ove la gioia ha in uso
830di festeggiar le regie nozze.
 LUCINDA
                                                    Ah, sire,
 a l’amor mio permetti
 che nunzia io sia de l’avviso al prence.
 VENCESLAO
 Ti si compiaccia. Andiamo.
 Darò i cenni opportuni, onde a te s’apra
835ne la torre l’ingresso.
 LUCINDA
 Ma se ’l prence al mio amore
 persiste ingrato?
 VENCESLAO
                                  Eh non temer, regina.
 Sarai sua sposa e serberò la fede.
 LUCINDA
 Lieta gode quest’alma e più non chiede.
 LUCINDA
 
840   Son qual fida tortorella (Aria di Lucinda)
 che smarrita l’amorosa
 sua compagna mai non posa,
 pietà chiede all’aure, al vento.
 
    Pure alfin l’amante core
845trovò pace al suo dolore
 e pietade al suo lamento.
 
 SCENA XV
 
 ERNANDO
 
 ERNANDO
 Di così strani casi
 il fin qual fia? Sarà pietoso o giusto
 il real genitore?
850Temo ancor la pietà di quel gran core.
 Ma tu che pensi, Ernando? Vendicarti?
 Vendicare il tuo amico ed Erenice?
 No no, più generoso
 ti voglio, Ernando. A preservar si attenda
855l’erede a la corona, il figlio al padre.
 A l’ombra di Alessandro
 diam lagrime e non sangue. Andiam gli sdegni
 a placar di Erenice.
 In sì nobili sensi
860l’alma s’impieghi e l’amor suo non pensi.
 
    Speranze più liete,
 partite da me.
 
    In alma costante
 offender potete
865la gloria di amante,
 di amico la fé.
 
 Fine dell’atto secondo